Lo scorso 3 marzo si è svolta la giornata mondiale dell’udito, un senso il cui handicap, nelle sue varie sfumature, coinvolge 7 milioni di persone (circa l’11,7% della popolazione italiana) e diverse erano le iniziative in programma. Quella che mi ha coinvolto, anche in quanto relatore, era il 3° Meeting Nazionale ASI #OndaSonora, svoltosi nella prestigiosa location della Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari presso la Camera dei Deputati. Proprio accanto a Montecitorio, e con regole rigide, tanto che per poter entrare ho dovuto rispolverare la giacca Armani, non indossata dai tempi del matrimonio, e mi è stato impedito di fare foto troppo scherzose, non “consone” al luogo. Comunque sia, una giornata piena, e un programma ricco, in cui hanno fatto da padrone, per una volta, non gli interventi dei “professionisti” del settore – che comunque sono intervenuti – ma dei diretti interessati, ovvero dei pazienti e dei genitori dei piccoli pazienti.

Le storie – tutte testimonianze “vive”, autentiche, sincere – sono in fondo sempre uguali: lo shock, il percorso riabilitativo, le difficoltà nella vita quotidiana e nell’affrontare la burocrazia e, almeno nelle storie sentite a Roma, il coraggioso superamento, nei limiti del possibile, di questo handicap. Ma al tempo stesso sono storie diverse le une dalle altre. Diverso, più tortuoso, è il percorso di una famiglia che si trova nel sud, e deve affrontare i “viaggi della speranza” per curare i suoi figli. Diverso, ma comunque da rispettare, è il percorso di chi ancora preferisce utilizzare la LIS per comunicare, o affidarsi alle sole protesi per sentire. Diverso, nell’immensità della sfida da affrontare, il percorso di chi deve combattere non solo contro la sordità, ma anche contro altre disabilità, in particolare la cecità, con percorsi riabilitativi che sono studiati da esperti di tutto il mondo. Pur essendo “uguali”, ogni persona saliva sul palco a declinare la propria specificità, ed è cosi che ho scoperto, ad esempio, l’incredibile storia di due ragazze sorde che sono diventate rispettivamente logopedista (Silvia Pandini, Roma) e audioprotesista (Agnese Frediani, Lucca). Non avrei mai pensato che questo fosse un mestiere alla portata di due persone con questo tipo di handicap. Ma, come sempre, i limiti non esistono, e ovviamente sono le donne – in questo caso due splendide ragazze – a tracciare per prime la strada. Che siano di esempio per gli altri giovani ipoacusici, e di incoraggiamento ai genitori di bambini con questa disabilità.

Ma non solo storie sono state raccontate: un umanissimo prof. Martini ha dato il tocco “scientifico” al meeting, parlando dei vantaggi della binauralità rispetto alla monolateralità, e dei primi esperimenti riusciti sulla rigenerazione delle cellule ciliate nei topi, per restituire l’udito ai piccoli roditori. Ed è stato prospettato anche l’utilizzo dei farmaci come “mezzi vettori” per poter rigenerare le cellule ciliate.

Importante anche la tavola rotonda sui nuovi LEA, moderata dalla dott.ssa Genovese. Le impressioni sui nuovi LEA sono generalmente positive, stante anche il fatto che sono già attivi diversi gruppi di lavoro per migliorarle ulteriormente (es: non sono previste le batterie per le protesi/impianti cocleari), ma la grande preoccupazione è per il fatto che ancora non sono state stanziate le coperture finanziarie necessarie per coprire i maggiori oneri per il SSN. In altre parole, si rischia che alla buona intenzione del legislatore non corrisponda poi la reale possibilità di metterla in pratica.

Interessante anche l’intervento di Andrea Pietrini (blog, ahinoi, non aggiornato), sordo profondo dalla nascita, che tento di rassumere in poche parole: se per casa aveva 5 esercizi di matematica da risolvere, perchè suo padre gli imponeva di farne 10? Semplice, perchè “o soffri 100 oggi, oppure soffrirai 1000 domani”. In altre parole, cercare di essere un pochino più “avanti” degli altri permetterà ai giovani audiolesi di poter stare, in futuro, nella società con meno problemi, potendo contare sul proprio spirito, sagacia, intelligenza. Tanto più che i tempi futuri si prospettano sempre più drammatici e sempre meno “sensibili” nei confronti delle persone con una qualche difficoltà: un tempo gli immigrati non facevano notizia, ora il “tiro all’immigrato” è diventato uno sport nazionale. E, se si continua cosi, presto toccherà ai poveri, ai disabili, alle persone ai “margini” della società. Il buon Andrea fa un’altra considerazione: è importante come ci si presenta in società. Si dice che l’abito non fa il monaco, ma non è del tutto vero: la prima impressione conta molto. E questa è data non solo dall’aspetto fisico – la postura, la fisionomia, il modo di vestirsi – ma anche dalla voce. Una voce profonda, calma e chiara lascia una buona impressione sulla persone. La voce tipica delle persone sorde – acuta, nasale, confusa – no. Perchè allora non lavorare per migliorare anche questo aspetto? In fondo, la voce è come una rosa: basta innaffiarla (esercitarla) per portarla a buoni livelli.

Si vola oltreoceano – ma anche oltremanica – con l’intervento di Deborah Pezzuto (il suo blog), che scopre la sordità dei suoi gemelli a New York ma li segue ora in Inghilterra, vicino Londra. Un percorso riabilitativo esemplare, con una presa in cura gratuita ed immediata, grazie allo screening neonatale, a cui ancora oggi è difficile assistere in Italia. Ed arricchita da una riabilitazione logopedica effettuata con il metodo AVT (terapia auditivo verbale), spiegato a grandi linee. Ma, in tutto questo, senza mai dimenticare i suoi altri ruoli: Deborah non è solo mamma, è anche donna, moglie e lavoratrice. Non sempre, purtroppo, si riesce a conciliare questi ruoli.

Questi sono i temi che più mi hanno colpito nella giornata del 3 marzo a Roma, e in calce a tutto questo segnalo la completa accessibilità all’evento, garantita sia dalla presenza delle due interpreti LIS che dall’ottimo servizio di sottotitolazione in diretta fornito da Culturabile Onlus.

Al prossimo anno!!!